venerdì 1 febbraio 2013

Paese che vai, matrimonio che trovi

Ogni posto ha le sue tradizioni, le sue credenze, le sue abitudini ed e' questa diversita', questa unicita' che  rende tutto cosi' interessante e affascinante, in barba alla maledetta globalizzazione, che ci vuole spersonalizzare e anonimizzare!
Proprio per questa mia curiosita' e attrazione patologica per il diverso, ho accettato con molto piacere di partecipare al matrimonio del fratello di un amico taiwanese, pur avendolo visto solo una volta (ma si sa, anche per loro "lo straniero" e' motivo di fascino e avere due bianchi al proprio matrimonio fa piu' chic!).
La cerimonia si e' tenuta in una citta' a sud di Taipei, tra Nantou e Taizhong, zona diventata tristemente famosa per il terremoto del 1999 che distrusse molti palazzi e causo' tantissime vittime. Potete quindi immaginare come la notizia del luogo dove si sarebbe svolto il matrimonio - dopo un entusiastico "si', volentieri, grazie!", si sia tramutata in un piu' accorato "ah, ecco!".
In ogni caso, la curiosita' e' piu' forte di qualsiasi paura, quindi io e Igor prendiamo il treno e in seguito l'autobus alla volta di CaoTun, questo il nome del paese.
Arrivati, l'accoglienza e' ammirevole, come in ogni posto in cui sia andata in Asia e i taiwanesi sembrano particolarmente dotati di buone maniere e gentilezze.
I nostri amici ci portano subito a casa a fare le presentazioni e, prima di entrare, lasciamo le scarpe sull'uscio, dove ce ne sono decine e decine, tutte appartenenti agli invitati, nonche' parenti degli sposi.
Le case taiwanesi sono diverse da quelle cinesi, vuoi perche' il loro stile di vita e il clima sono diversi, vuoi perche' la precarieta' della loro vita, resa tale dai disastri naturali, li costringe in un certo senso a costruire abitazioni provvisorie, vuoi perche' il concetto di casa come nido, come rifugio, per loro e' un optional, visto che passano il 90% del loro tempo in ufficio.
Nonostante questo stile un po' freddo e dal gusto assolutamente non ricercato, in cui spesso gli interni sono accozzaglie di roba polverosa o magazzini, una cosa che non manca mai sono gli altari dedicati agli dei e agli antenati e per questi sono disposti a spendere cifre esorbitanti, assoldando virtuosi artigiani e falegnami.

Questo a sinistra e' quello che si trova nella prima stanza della casa del nostro amico e quasi tutti sono situati nella stanza che da' sulla strada, oppure all'ultimo piano. Di sera, passeggiando per le vie della citta', la luce rossastra dei lumini a fiore di loto (i nostri lampini rossi nei cimiteri), che filtra dalle finestre, e' un po' inquietante devo dire. Di fronte all'altare e' sempre posizionato un tavolo dove sono posati i fiori e le offerte ai morti, che vanno dal cibo fumante appena preparato alle caramelle, dai dolcetti alla frutta, etc.
Entrati in questa prima stanza, dove i taiwanesi passano la maggior parte del tempo ed equivalente al nostro salotto, abbiamo conosciuto tutti i parenti e dopo inchini, saluti e sorrisi smaglianti, tutto e' culminato nel miglior modo per far sentire a casa gli ospiti:
mangiare! Come in Cina, anche a Taiwan, tutto si risolve intorno a una tavola imbandita di ogni bendidio (in realta' anche in Salento funziona cosi').
Dopo la cena, andiamo con i nostri amici e i loro cugini in un night market a rimangiare (non capisco come facciano a mangiare in continuazione, questo resta un mistero per me, sono un pozzo senza fondo!), mentre le donne della famiglia vanno dal parrucchiere a farsi le acconciature per l'indomani.
A mezzanotte andiamo in albergo a dormire, anche perche' ci aspetta una lunga giornata, pensiamo.
Cosi', sveglia alle 7. Appuntamento fuori alle 8.
Io e Igor eleganti, come si usa da noi, ma a quanto pare qui non funziona cosi', perche' la gente era vestita in modi assurdi: chi come se fosse appena tornato dalla palestra, chi dopo il mare, chi dopo la montagna, chi in tenuta da  faccende domestiche, chi come se avesse preso un po' di roba dall'armadio a occhi chiusi, insomma, un'accozzaglia di colori, di stili, di tessuti per "temperature" diverse.
Andiamo di nuovo a casa del nostro amico a fare colazione e di nuovo inchini, saluti, sorrisi e tanto cibo. Mangiamo in fretta e furia, perche' la sposa e' quasi pronta e sta per cominciare la cerimonia.
A differenza nostra, qui a Taiwan (e anche in Cina) il matrimonio vero e proprio e' sancito in comune, al momento della registrazione con le firme (tipo la nostra Promessa), ma avviene in solitaria. Quindi niente chiesa, niente templi buddhisti o altri luoghi di culto.
Andiamo quindi in albergo, dove si trova la sposa (che ha passato qui la notte) insieme ai genitori (in questo caso era presente solo la madre, perche' il padre e' venuto a mancare qualche anno fa). Insieme a loro anche amici, la testimone e alcuni parenti. Lo sposo arriva nella camera d'albergo con il mazzo di fiori, le da' il bouquet, la saluta e comincia il rito. La madre e' seduta sul divano e gli sposi si inginocchiano e si inchinano piu' volte chiedendo la sua benedizione. La madre tocca la loro testa in segno di assenso e si commuove.

Questa parte mi ha un  po' emozionato, perche' ho pensato alle spose cinesi antiche dei miei libri che in questo momento, si staccavano veramente dalla famiglia e trasportate sulla portantina, andavano a vivere a casa del marito insieme ai suoceri, alla totale dipendenza e sottomissione degli uomini della famiglia e non potevano rivedere la propria per lungo tempo.
Ma questa e' un'altra storia...
In seguito gli sposi vanno in auto, tirata a lucido e addobbata, a casa dei genitori di lui a chiedere la loro benedizione questa volta e ad onorare gli dei e gli antenati davanti all'altare.
Alla fine il rito termina con il passaggio nella nuova casa degli sposi, dove li attendono gli altri parenti e dove la sposa, prima di varcare l'uscio, dovra' sottoporsi ad alcune prove.
All'arrivo l'attende una fila di petardi rossi, che col loro rumore servono ad allontanare gli spiriti malefici e la cattiva sorte.
Nel tragitto dall'auto a casa, la sposa e' accompagnata dal marito, due bambini che le indicano la strada e una donna che la scorta e le tiene sopra la testa un ampio cerchio di bambu' (anticamente era un velo rosso, chiamato fengguan, che serviva a proteggere la sposa dalla sua timidezza e dagli spiriti maligni che in questo modo non potevano vederla).
la sposa protetta dal fengguan di bambu'

Prima di entrare, deve oltrepassare un braciere contenente il fuoco. Questo rappresenterebbe il superamento degli ostacoli e il lasciarsi alle spalle la sfortuna, non permettendo di entrare in casa. Dopo il rito del fuoco, la sposa rompe con il piede una mattonella di terracotta, anche questo a simboleggiare la distruzione del male e della cattiva sorte.
Infine, una volta varcata la soglia della nuova casa, lo sposo da' da mangiare alla sposa i tangyuan 汤圆, delle palline di riso glutinoso in una zuppetta, la cui pronuncia e' simile a tuanyuan 团圆 (riunione, ricongiungimento) e simboleggia l'unita' della famiglia.


I vestiti degli sposi sono quelli classici occidentali, ma la sposa durante la festa porta altri abiti da sera. A differenza della Cina, a Taiwan la donna non indossa come primo abito il qipao, l'abito rosso tradizionale.
Dopo i suddetti riti, si va al ristorante, dove si svolgera' la festa vera e propria.

Nella sala c'e' un palco, sul quale gli sposi, in bella vista, passano la maggior parte del tempo e si alternano giochi, scherzi, musica e discorsi, spesso nel totale disinteresse degli invitati, impegnati a mangiare (tanto per cambiare).
Riti e simbologie a parte, tutto sembra svolgersi piu' o meno come in ogni matrimonio che si rispetti, se non fosse che a un certo punto gli invitati, finito di pranzare, si alzano e in un marasma totale di buste e bustine raccolgono tutti i resti del banchetto (persino solo il brodo di alcune pietanze!), le bottiglie di vino e le altre bibite avanzate e, con disinvoltura e con l'aria iper soddisfatta vanno via, senza nemmeno salutare gli sposi.

Io e Igor ci guardiamo esterrefatti e un po' smarriti, ridiamo perche' ci sembra tutto cosi' ridicolo. In fondo anche questo e' il bello di vivere all'estero: stupirsi continuamente.
Paese che vai, matrimonio che trovi.
Evviva gli sposi!