venerdì 15 luglio 2016

Un'intervista

TERESA RACCONTA LA SUA ASIA: DALL’INDIA A TAIWAN, 10 ANNI DI VIAGGI ED ESPERIENZE

written by Gianluca Gotto July 13, 2016
Teresa
L’Asia è da sempre il continente più affascinante per coloro che non amano definirsi turisti ma viaggiatori. Milioni di persone nel mondo sognano per anni di visitare il vero Oriente e quando finalmente ci mettono piede comprendono di non poter più tornare indietro.
Teresa Pisanò è una ragazza italiana che appartiene con orgoglio a questa nutrita schiera: quindici anni fa ha visitato l’Asia per la prima volta (in Cina) e da allora non si è più fermata, vivendo appieno la scoperta di popoli e culture di cui era venuta a conoscenza solo attraverso i libri, divorati sognando ad occhi aperti.
In alcuni paesi è stata una visitatrice curiosa e avida di conoscenza, in altri ha avuto modo di lavorare sfruttando la sua laurea in lingue: ha partecipato alla trasmissione di Rai 1 “Overland” in qualità di interprete e oggi vive a Taiwan, dove insegna l’italiano (ma parla anche il cinese, il francese, l’inglese e il croato).
I dieci anni spesi in Asia sono stati il naturale sfogo di una passione enorme per la cultura di questi luoghi, passione che si è tramutata nel blog Asiamonamour, dove racconta le sue esperienze di vita e i suoi viaggi. Abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Teresa.
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Ciao Teresa, benvenuta su Mangia Vivi Viaggia. Raccontaci qualcosa su di te.

Vengo da un paesino del Salento, terra magica di balli e tarantole, di muretti a secco e case bianche senza tetti, di pomodori e di fichi secchi nei giardini delle nonne. Sono cresciuta in un mondo di donne fatto di storie al profumo di menta selvatica e caffè, di uomini in giro per il mondo – o semplicemente in giro – e di racconti che hanno nutrito la mia fantasia fin da bambina.
Sempre affascinata dal diverso e dagli altri mondi che i miei zii mi portavano in casa di ritorno da Paesi lontani, sono sempre stata alla ricerca di storie, di persone speciali con qualcosa da raccontarmi, qualcosa che non sapessi ancora, qualcosa da scoprire e da immaginare per ricamarci sopra la mia fantasia.
Crescendo, la mia voglia di viaggiare, anche fisicamente, non si è attenuata, tutt’altro, è diventata più forte e impellente, così la scelta di studiare lingue è stata ovvia e naturale.
libri poi, il primo mezzo che mi ha permesso di sorvolare con la mente i luoghi sognati, sono stati di fondamentale importanza nelle scelte della mia vita. Uno tra questi “L’amante”, di Marguerite Duras: una storia d’amore struggente tra la scrittrice francese ragazzina e un uomo cinese molto più grande di lei sullo sfondo di una Saigon anni ’30. E anche una parte della mia storia ha inizio tra queste pagine.

Quanti e quali paesi hai visitato? C’è un luogo in particolare dove hai lasciato il cuore?

Ho visitato India, Indonesia, Singapore, Malesia, Giappone, Cambogia, Thailandia, Vietnam, Cina (ho vissuto 5 anni a Shanghai), Tibet e Xinjiang o Turkestan cinese e Taiwan (vivo a Taipei da 4 anni). Sicuramente l’India occupa un posto particolare nel mio cuore. Da ragazzina divoravo libri di letteratura indiana, incuriosita dai racconti di un’amica di mia nonna assistente di volo che di ritorno dai suoi viaggi veniva a trovarci e portava splendidi oggetti da ogni parte del mondo e racconti variopinti dell’India.
E quando ci sono andata la prima volta, le mie aspettative non sono state tradite. È stato quasi come tornarci, come salutare una vecchia amica che non vedevo da tempo. Così ne ho parlato sul mio blog: “L’India è tutto. L’India è una carezza, ma anche uno schiaffo terribile. È sporca e puzza, ma è anche bellissima e profumata. È l’apoteosi delle contraddizioni. È misera e bugiarda, è corrotta e cattiva, ma è anche immensa e buona. È meravigliosa e commovente. È complessa e contorta”.
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Teresa a Taiwan

Qual è stata l’esperienza di viaggio più intensa che hai provato, quella che sicuramente non dimenticherai?

Un’esperienza unica e indimenticabile è stata la spedizione di “Overland”, programma di Rai 1, a cui ho partecipato in qualità di interprete e guida e che ci ha visto percorrere 16 mila chilometri in jeep lungo la mitica Via della Seta in Cina. Quasi due mesi di guida intorno alla Cina, da Pechino all’estremo ovest del Turkestan cinese (Xinjiang) al confine con il Pakistan attraversando il temibile deserto del Taklamakan, risalendo poi verso nord fino alla città di Altay al confine con Russia e Kazakistan per proseguire a est in Mongolia Interna.
Un viaggio nella Cina più profonda e poco conosciuta che ho avuto modo di scoprire grazie alla troupe di “Overland” e ai permessi speciali rilasciati dal Governo cinese per poter visitare alcuni posti altrimenti inaccessibili al turismo tradizionale. Un’esperienza umana prima che professionale, nella Cina che ho imparato a conoscere e ad amare attraverso i miei libri e a cui ho dedicato la mia vita.

Passando ad aspetti più pratici, come sei finita a Taiwan? La vedi come un punto di arrivo della tua vita oppure come un’altra tappa di transizione?

Dopo cinque anni in Cina, due a Milano, qualche mese in Croazia per perfezionare la lingua croata e poi a Lecce, io e mio marito (croato, appunto), nomade nell’animo come me, abbiamo sentito più forte il richiamo dell’Asia e abbiamo cominciato a cercare un lavoro che ci portasse più a est possibile. Lo ha trovato prima lui, a Taipei. Così siamo partiti alla volta di Taiwan, un’isoletta nell’Oceano Pacifico tra Cina e Filippine e che, sinceramente, non avevamo mai considerato come meta di viaggio. Ma la vita è un’avventura ed è bello lasciarsi sorprendere, così eccoci ancora qui.
Sicuramente Taiwan e`un’altra tappa di transizione, non mi piace pensare a punti di arrivo, sinonimo per me di “fine”. Voglio che tutta la mia vita sia un grande viaggio senza punti di arrivo, se non quelli degli aeroporti o delle stazioni delle città del mondo.

Come si vive a Taiwan? Com’è la tua giornata tipo?

Taiwan è un’isoletta molto tranquilla con la natura rigogliosa tipica del sud est asiatico, il clima subtropicale a nord e tropicale a sud e l’efficienza giapponese, la cui calma viene ogni tanto disturbata da terremoti e tifoni. Anche la mia vita qui è molto tranquilla. La mattina mi sveglio presto e faccio yoga, poi vado a scuola dove insegno l’italiano, esco, vado al cinema, vado in bicicletta per le vie della città e scrivo, leggo e viaggio.
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Dall’alto della tua esperienza decennale, qual è un paese dell’Asia che consiglieresti sempre da visitare?

Ogni Paese dell’Asia ha una sua particolarità e la sua bellezza. L’India con i suoi colori, la sua spiritualità, il profumo di spezie; la Cina con la sua cultura millenaria e la sua umanità variegata fatta di 56 minoranze etniche; il Vietnam con il suo passato coloniale e l’odore di gelsomino d’estate; la Cambogia con la meravigliosa Angkor che ti fa sentire orgoglioso, una volta tanto, di appartenere al genere umano; la Thailandia con i sorrisi della gente, i suoi templi come ricami dorati e la sua natura; il Giappone con la bellezza della sua architettura antica e moderna e il suo cibo delizioso alla vista e al palato; Balicon le sue risaie, gli alberi di frangipane i suoi templi e i suoi tramonti; Singapore con il suo miscuglio culturale e i suoi palazzi futuristici accanto a pagode buddiste, templi induisti e moschee; la Malesia con il suo melting pot di popoli che si riflette nella sua architettura, nella cucina e nell’arte. E potrei andare avanti all’infinito.

Hai passato metà della tua vita adulta in Asia, ma sei nata e cresciuta in Italia. Dall’alto della tua esperienza, cosa credi che possiamo imparare, in quanto occidentali, dal mondo orientale?

Forse potremmo imparare la lentezza e la pazienza degli orientali, l’arte di accettare gli avvenimenti della vita in una maniera più fatalista, la spiritualità indiana o la collettività cinese, per esempio. La nostra cultura occidentale con il benessere materiale enfatizza l’individualismo, mentre la miseria spesso rende le persone più umane ed empatiche, perché è il non avere che porta alla condivisione.
Mi vengono in mente, per esempio, le donne di una minoranza etnica cinese che, non avendo cellulari, computer né tv, erano sedute intorno a un fuoco a raccontarsi e tramandarsi antichi segreti e tradizioni della loro cultura, così come facevano le nostre nonne un tempo. E non è un caso che i popoli più felici siano paradossalmente quelli che possiedono meno.
Dovremmo imparare la gratitudine degli indiani per il sole che sorge o per un tramonto, che ho visto a Varanasi e che noi, così concentrati su noi stessi, non vediamo più. Negli ultimi anni l’interesse occidentale per l’Asia e le discipline orientali è cresciuto, anche perché in un mondo così votato all’Io, alle cose, ai soldi, sentiamo l’esigenza quasi fisiologica di altro, di qualcosa che nutra anche la nostra anima oltre a riempire le nostre tasche e i nostri armadi.
anziano che fa gli origami
Siamo attratti dall’Oriente perché qui esistono e resistono tradizioni millenarie, che avevamo anche noi e che sono state cancellate dalla modernizzazione. Tiziano Terzani diceva: “L’uomo occidentale ha perso le proprie radici spirituali, possiede il mondo esterno e costruisce la bomba atomica ma anche tante cose positive, mentre l’uomo orientale possiede una profonda ricchezza interiore ma, essendo estraneo al mondo esterno, muore di fame, di sete, di malattie”.
Ci vorrebbe equilibrio tra le due cose, uno scambio equo di conoscenze, l’umiltà di capire e riconoscere che la nostra non è l’unica via e che il nostro modello, sempre più copiato anche dall’Oriente, porterà inevitabilmente anche all’oblio di altre culture millenarie in nome del dio denaro. Dobbiamo imparare a non avere paura del Diverso, ma a riconoscere nella diversità una grande ricchezza, indispensabile per migliorare noi stessi e la nostra cultura, conservando ognuno la propria identità.

So che sei una grande amante dei libri: quali sono i tre titoli che non possono mancare nello zaino del viaggiatore che vuole visitare l’Asia?

Ovviamente ce ne sono un’infinità, ma dovendo scegliere direi sicuramente questi tre che parlano di Asia, di Cina, di religioni e politica:
  • Un indovino mi disse, di Tiziano Terzani. Un viaggio in Asia lungo un anno con tutti i mezzi possibili tranne l’aereo, dando retta alla profezia di un indovino di Hong Kong.
  • Cigni selvatici, di Jung Chang. La storia della Cina attraverso tre generazioni di donne.
  • Il Dio dell’Asia, di Ilaria Maria Sala. Un reportage affascinante alla scoperta dell’animo più profondo dell’Asia attraverso politica e religioni.
street food

Abbiamo parlato di vita e di viaggi, ma per restare fedele al nome del sito non posso che chiederti, in conclusione, qual è il piatto che più hai apprezzato della cucina asiatica.

Essendo abbastanza temeraria, mi piace assaggiare i piatti locali e ho perfino mangiato bruchi e api fritte, meduse e oluturie (comunemente chiamate “cetrioli di mare”), ma da meridionale il peperoncino resta il mio ingrediente preferito, pertanto posso dire di amare profondamente la cucina cinese dello Hunan e del Sichuan, piccantissima e stuzzicante. Adoro anche la cucina indiana, speziata e profumata: il mio regno per un samosa! O anche il Khao Niao Mamuang, un dolce tipico thailandese fatto di riso glutinoso cotto nel latte di cocco e mango fresco. E poi il tofu in tutte le salse, tranne il chou toufu o tofu puzzolente che dir si voglia e il cui nome spiega tutto!
Tutte le foto per gentile concessione di Teresa Pisanò

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