Questa mattina quando mi sono svegliata ho trovato un messaggio di un'amica che, parlando dell'India, mi chiedeva:
"Come conciliare la miseria con tutte le altre cose positive"?
Una bella domanda che mi sono sempre fatta, che continuo a farmi e a cui non riesco a trovare una spiegazione molto razionale.
Ci provo, ma non garantisco maggiore chiarezza.
Se non ci sei mai stato in India non lo sai. Questa e`una certezza. Per capire qualcosa, anche il solo fatto di non aver capito un tubo, ci devi andare, devi vedere con i tuoi occhi, devi sentire con la tua pancia.
Io ne sono sempre stata affascinata, influenzata forse da racconti ascoltati con orecchie grandi di bambina, poi da tutti i libri che ho letto sin da ragazzina e poi chissa`, da qualche eco, da qualche richiamo di vite passate, direbbero gli indiani.
Quando a 18 anni capi`che "dovevo" studiare Lingue e Civilta`Orientali (si`, "dovevo", e`nata proprio come una necessita`, un bisogno istintivo), la prima lingua che scelsi fu l'hindi. Ricordo che i miei genitori, quando glielo comunicai, mi accompagnarono in un negozio indiano a Lecce consigliandomi di farmi una chiacchierata con i proprietari per chiarirmi meglio le idee, per fare tutte le domande che volevo e saziare la mia curiosità. In effetti, la decisione di quell'incontro fu lungimirante e la coppia di indiani mi sconsiglio`di studiare hindi all'università in quanto in ambito lavorativo si usa l'inglese e inoltre l'hindi e`solo una delle tante lingue parlate in India. Mi dissero che avrei potuto poi studiarlo per conto mio per piacere e svago. Questo mi porto`a scegliere la lingua cinese (altro mio grande amore), anche se feci comunque degli esami sulle religioni e filosofie indiane. Ma questa e`un'altra storia.
Ritornando all'India, devo ammettere che dopo tutti i fatti di cronaca, di stupri, di terribili violenze venuti fuori negli ultimi anni, sono andata in India con un'altra consapevolezza, forse anche spaventata (ne avevo lette di cotte e di crude), percio`anche un po' critica e prevenuta. Ma poi piano piano tutta la mia diffidenza, tutta la mia durezza e il mio gelo si sono sciolti nei sorrisi della gente. E con questo non voglio dire che in India sia tutto bello, buono e giusto, al contrario!
L'India e`tutto.
Come dicevo nel mio post di ieri, l'India e`una carezza, ma anche uno schiaffo terribile.
E`sporca e puzza, ma e`anche bellissima e profumata.
E`l'apoteosi delle contraddizioni.
E`misera e bugiarda, e`corrotta e cattiva, ma e`anche immensa e buona.
E`meravigliosa e commovente. E`complessa e contorta.
C'e`un'ignoranza così atavica, così primitiva che a volte e`quasi disarmante, fa paura, perché e`così radicata, così viscerale e antica che, se da un lato porta l'umanità a una semplicità e purezza toccanti che noi non conosciamo più, dall'altro la rende quasi animalesca, fatta di istinti primordiali e di credenze folli.
Ma l'India e`l'unico posto dove sono stata che mi ha dato tutte queste sensazioni, e`l'unico posto che ti mette in discussione, e`l'unico posto dove davvero ti senti tutt'uno con l'Universo, dove il genere umano e animale vivono insieme nel significato più totale di "Insieme".
L'India e`l'unico posto dove la morte non fa paura, anzi, l'India ti riconcilia non solo con la vita, ma anche con l'ineluttabilità della morte.
L'India e`l'unico posto dove la mattina la gente si sveglia e ringrazia il Sole per sorgere, l'acqua del fiume per bagnare e dissetare gli esseri viventi, ringrazia la vita in ogni sua forma.
In India si venerano 330 milioni di dei, perché in realtà Dio non e`un' entità superiore e separata dal resto, Dio e`in ogni cosa.
Il saluto più bello e` indiano:
NAMASTE, fatto con le mani giunte di fronte al cuore, che significa "mi inchino a te", "mi inchino al Dio che c'e`in te", perché Dio e`in ognuno di noi. Ognuno di noi e`Dio.
Quanta miseria ho visto in India! E quanta ricchezza! Spesso la miseria e`direttamente proporzionale alla ricchezza spirituale.
Pasolini, dopo un viaggio in India nel '60, ha scritto nel suo libro
"L'odore dell'India
": "La vita qui in India ha i caratteri dell'insopportabilita`: non si sa come si faccia a resistere mangiando un pugno di riso sporco, bevendo acqua immonda, sotto la minaccia continua del colera, del tifo, del vaiolo, addirittura della peste, dormendo per terra, o in abitazioni atroci".
Vidiadhar S. Naipaul, scrittore di origini indiane, potrebbe in qualche modo rispondere al dubbio che attanagliava Pasolini quando dice che "
la vita ha inizio con l'accettazione del dolore come condizione dell'uomo". Accettazione, non rassegnazione. Gli indiani lo chiamano "
karma", a cui nessuno si può sottrarre.
Per noi occidentali e`forse un po' più difficile accettare la miseria (materiale e spirituale) e quando te la trovi di fronte ti sciocca, ti disgusta, ti annienta, ti indigna.
Quindi come conciliare la miseria indiana con le altre cose positive?
La miseria, il dolore, l'ingiustizia e la sopraffazione non si possono giustificare, non si possono approvare.
Allora perché l'India mi ha rapito?
Non lo so. Ecco la risposta.
La risposta alla tua domanda alla fine e`che non ho ancora una risposta sensata, cara Francesca.
Ho un mucchio di sensazioni e di ricordi che si agitano dentro di me.
Io l'India l'ho sentita con la parte più irrazionale di me e ancora non riesco a tradurre tutto questo vortice di emozioni in parole concrete, perché l'India e`troppe cose, nel bene e nel male.
Forse una risposta in realtà non c'e`. Forse e`davvero come quando si e`innamorati. Non si sa perché, non ci sono ragioni, eppure si ama incondizionatamente, ingiustificatamente e, amando senza riserve, ci si sente ubriachi. Ubriachi di vita in tutti i suoi aspetti più vari, in tutto cio`che essa comporta.